Birrificio Birra Moretti

Più giovane di Menabrea e Peroni (aperte entrambe nel 1846), quasi coetanea della Dreher (1865), ma assai più vecchia della Poretti (1877) e della Pedavena (1897), per non parlare della Ichnusa (1912). Stiamo parlando della  “Fabbrica di birra e ghiaccio” (questa la iniziale ragione sociale) del fu Luigi Moretti, fondata nel 1859 a Udine, quando ancora il Friuli faceva parte dell’impero Austroungarico. Un altro birrificio storico della nostra Italia, la cui proprietà, come per quasi tutte le altre, oggi non è più italiana. Ceduta nel 1989 dalla famiglia Moretti (che l’aveva guidata fino ad allora) alla canadese Labatt (che rilevò anche marchio e parte degli stabilimenti della Prinz Brau), nel 1995 fu girata dai canadesi ai belgi di Interbrew, che l’anno successivo la cedettero ad Heineken, che tutt’oggi la controlla.

Regione a grande vocazione birraria, il Friuli Venezia Giulia, che negli ultimi anni del XIX secolo poteva contare un’alta concentrazione di fabbriche di birra: Dormisch a Udine, Dreher a Trieste, due altri birrifici a Pordenone (Società Anonima Birra e Birra Momi), la Pittini a Gemona e altre ancora sparse per tutto il territorio regionale. E Birra Moretti, appunto, che dal 1859 apre i propri stabilimenti ad Udine, sotto la guida del trentasettenne Luigi Moretti, esponente di spicco di una famiglia di facoltosi commercianti, molto attivi nella compravendita all’ingrosso di granaglie, vino, spiriti, generi alimentari e birra, acquistata dalla vicina Austria. Il progetto originario prevedeva uno stabilimento da 2.500 ettolitri di birra all’anno, quelli “giusti”per soddisfare la richiesta locale, anche se Luigi Moretti, che comunque pensava in grande  e guardava lontano, si assicurò fin da subito un’area di terreno abbastanza grande da consentire ogni possibile sviluppo della propria azienda. La prima birra uscita dagli stabilimenti udinesi fu commercializzata a partire dal 1860, e progressivamente i confini “distributivi” del prodotto, apprezzato fin da subito, si allargarono.

La storia produttiva della Birra moretti ricalca, a grandi linee, quella degli altri birrifici italiani ad essa contemporanei, tanto che conobbe il grande boom di vendita dei primi anni del XX secolo, cercò di sopravvivere al meglio nel periodo delle due Guerre Mondiali,  si riassestò nel secondo dopoguerra. Nel 1968 viene costruito un nuovo stabilimento a Popoli in Abruzzo, successivamente ceduto alla Dreher. Negli anni ottanta la Moretti apre una propria fabbrica anche a Balvano in provincia di Potenza, ceduta, nel 1999, alla Società Tarricone s.pa. (quella della Birra Morena e della Drive Beer). Nel 1992 chiude lo storico stabilimento di Udine e la produzione viene spostata nella nuova fabbrica di S. Giorgio a Nogaro, nella bassa friulana, che poi Heineken, nel 1997, fu costretta a cedere. In quell’anno, infatti, l’Antitrust contesta al Gruppo Heineken di detenere, sul mercato italiano, una posizione dominante, e la costringe a vendere l’impianto friulano, acquistato da un gruppo di imprenditori che danno vita ad un nuovo gruppo birrario, la Castello di Udine s.p.a., lo stesso che nel 2006 salverà la birreria Pedavena, che Heineken aveva chiuso nel 2005. Dopo la chiusura dello stabilimento di S. Giorgio la produzione delle birre Moretti (Moretti, Baffo d’oro, La Rossa, Doppio Malto, Zero, Gran Cru) è suddivisa e distribuita nei quattro stabilimenti che Heineken Italia ha nella nostra penisola, Assemini, Comun Nuovo, Massafra e Pollein.

Come la Peroni (il famoso ciociaretto e la bionda Solvi Stubing), anche Moretti ha molto investito in pubblicità, sia nel passato, che nel presente. Due su tutti i personaggi che sono rimasti nell’immaginario collettivo: i “mori”, anzi i “moretti” e il baffuto bevitore che da sempre identifica il marchio di fabbrica. I “moretti” in piena epoca fascista comparivano in quasi tutti i manifesti pubblicitari che promuovevano le birre friulane, mentre il “baffo d’oro” ancora oggi abita ancora i frequentissimi spot pubblicitari che vanno in onda. L’idea del baffuto bevitore nasce nel 1942 ad opera di Lao Menazzi Moretti, dopo che vi si era imbattuto nella trattoria Boschetti di Trigesimo: un anziano signore, una comunissima persona seduta ad un tavolino che sorseggiava una birra e che, fotografato dal commendatore in persona, diventa (involontariamente) testimonial del brand birrario friulano.

Non ci ricava nulla, l’anonimo bevitore, se non una nuova bevuta offerta dal fotografo d’eccezione: solo questo aveva chiesto come compenso. La foto viene consegnata nelle mani del prof. Segala, noto cartellonista dell’epoca, che ne fa l’immagine simbolo che tutt’oggi conosciamo. Il famoso baffo d’oro imperversa da anni sulle televisioni italiane, impersonato da molti attori, il più famoso dei quali, Marcello Tusco, lo ha fatto per 12 anni (1989-2001, anno della sua morte a 71 anni), sostituito, dopo la sua scomparsa, dal noto attore italiano Orso Maria Guerrini. Anche il celebre disegnatore Bruno Bozzetto produsse, negli anni ’70, una serie di caroselli a cartoni animati che avevano come protagonista il Baffo d’Oro con il suo boccale di Birra Moretti.

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