Le fasi della fermentazione: adattamento, tumultuosa, stazionaria

Il processo di produzione della birra si divide in due grandi parti: la fase a caldo, in cui vengono estratti gli zuccheri dai cereali, e la fase a freddo, nel corso della quale il lievito consuma questi zuccheri producendo alcol, anidride carbonica e molti degli aromi che andranno a caratterizzare la birra. La fase a caldo viene chiamata così poiché sfrutta il calore per l’estrazione degli zuccheri e per la bollitura del mosto; nella fase a freddo, invece, le temperature a cui lavora il lievito sono molto più basse (siamo tra 8 e i 28 gradi). Delle due, la fase a freddo è decisamente quella più critica: se il lievito non viene messo nelle condizioni ottimali per fare il suo lavoro, la riuscita della birra può essere seriamente compromessa.
Sulla fermentazione sono stati scritti interi libri. Condensare tutte le informazioni in una pagina è ovviamente riduttivo, ma è anche vero che per produrre birra non bisogna necessariamente diventare dei microbiologi. Le informazioni riportate in questo capitolo non hanno la pretesa di essere sempre scientificamente precise e ineccepibili, ma rappresentano un compromesso tra scienza e spirito pratico. La fermentazione probabilmente costituisce la parte più importante e critica nella produzione di birra, purtroppo è spesso l’ultima su cui si pone attenzione. Il controllo della temperatura di fermentazione e una conoscenza basilare del processo fermentativo dovrebbero costituire il primo obiettivo di un homebrewer, mentre spesso si spendono soldi e tempo in pentole e pentoloni automatici che poco aggiungono alla qualità del prodotto finito. Non si può certo avere la pretesa di arrivare a padroneggiare le singole sfumature di tutti i percorsi metabolici di lieviti e batteri, ma una buona conoscenza di base può fare la differenza tra una birra venuta bene e una birra eccezionale. Senza necessariamente dover arrivare a prendere una laurea in Scienze Biologiche.
Dinamiche della fermentazione
Il processo fermentativo si divide in tre grandi fasi: quella di adattamento, chiamata anche fase di lag, la fermentazione tumultuosa o fase di crescita esponenziale e infine la fase stazionaria. Il passaggio da una fase all’altra non avviene in sincronia per tutte le cellule di lievito presenti nel mosto, quindi si manifesteranno sempre dei periodi di transizione di durata variabile tra le varie fasi.
Fase di adattamento
Nella fase di adattamento le cellule di lievito si preparano per la fermentazione. Dall’esterno del fermentatore la situazione appare calma: non viene prodotta una quantità di CO2 sufficiente a saturare il mosto, quindi il gorgogliatore non fa bolle e non si forma schiuma in superficie. Tutto sembra immobile. In realtà le cellule di lievito stanno utilizzando le riserve di glicogeno (uno zucchero complesso che producono e incamerano come riserva energetica) e l’ossigeno presente nel mosto per creare gli steroli e gli acidi grassi che serviranno per rinforzare le membrane cellulari e garantire il passaggio dei nutrienti dal mosto all’interno delle cellule. In questa fase vengono assimilati (e in alcuni casi sintetizzati) gli amminoacidi necessari per produrre gli enzimi che serviranno per la fermentazione (come quelli che scindono una molecola di maltosio in due molecole di glucosio, singolarmente assimilabili dal lievito). La fase di adattamento può durare da poche ore a diversi giorni, a seconda del ceppo di lievito e dello stato di vitalità delle cellule. Si dice spesso che in questa fase il lievito “respira” poiché consuma l’ossigeno presente nel mosto, ma questa espressione è fuorviante: la respirazione, nel caso del lievito, è un particolare percorso metabolico, alternativo alla fermentazione alcolica, che genera energia consumando gli zuccheri presenti nel mosto senza produrre alcol. Questo percorso metabolico viene inibito a favore della fermentazione quando gli zuccheri presenti nel mosto superano una determinata concentrazione. Fortunatamente per noi, nel mosto la concentrazione di zuccheri è sempre sufficientemente alta da inibire quasi totalmente la respirazione a favore della fermentazione alcolica, anche in presenza di ossigeno.
Fase di crescita esponenziale o tumultuosa
Nella successiva fase di crescita esponenziale (detta anche fermentazione tumultuosa) le cellule di lievito iniziano a dividersi, producendo nuove cellule. Queste si dividono ulteriormente generando una crescita esponenziale della popolazione di lievito. L’energia per la crescita cellulare in questa fase viene generata partendo dagli zuccheri presenti nel mosto. Il lievito consuma questa energia per vivere e riprodursi. Una volta esauriti gli zuccheri fermentabili, la fermentazione si esaurisce e si passa alla fase stazionaria. Il percorso metabolico che produce energia partendo dagli zuccheri genera tutti quei prodotti di scarto che andranno a caratterizzare la birra. Verso la fine della fase di crescita esponenziale le cellule di lievito iniziano ad accumulare riserve di energia (tra cui quelle di glicogeno) importantissime per avviare una successiva fermentazione. Purtroppo queste riserve si esauriscono piuttosto velocemente, ragion per cui è bene utilizzare nuovamente il lievito nel giro di poche settimane. Oppure, in alternativa, preparare uno starter, per dar modo alle cellule di rimettersi in sesto prima di avviare una nuova fermentazione. Nella fase di crescita esponenziale vengono prodotti la maggior parte dei composti che andranno a definire il profilo organolettico della birra. È quindi particolarmente importante controllare la temperatura di fermentazione almeno in questo lasso di tempo, che per le alte fermentazioni non dura più di tre/quattro giorni. Una temperatura troppo alta in questa fase induce una moltiplicazione frenetica delle cellule di lievito e di conseguenza stimola la produzione di composti che in alte concentrazioni possono compromettere il profilo organolettico la birra.
Fase stazionaria
Una volta terminati i nutrienti, le cellule di lievito si preparano per un periodo di riposo. In questa fase vengono riassorbiti alcuni composti finiti nel mosto durante la fase tumultuosa della fermentazione (come per esempio acetaldeide e diacetile), mentre la produzione di CO2 è residuale se non nulla (il gorgogliatore si ferma). In questa fase il controllo della temperatura è meno cruciale poiché la divisione cellulare è terminata. Spesso la temperatura viene aumentata di qualche grado proprio per mantenere attiva almeno una parte delle cellule e favorire il riassorbimento di alcuni composti aromatici non gradevoli. L’assenza di nutrienti e la presenza di alcol rendono l’ambiente avverso per la conservazione del lievito. Con il passare delle settimane le cellule consumano lentamente le riserve interne di energia e iniziano piano piano a deteriorarsi fino alla lisi (smembramento delle pareti cellulari) e alla morte. Per questa ragione si evita di lasciare troppo a lungo la birra nello stesso fermentatore dopo la fine della fermentazione. Mentre un breve periodo di due/tre settimane (successivo alla fermentazione tumultuosa) è indicato per favorire il riassorbimento di alcuni composti, un periodo maggiore, specialmente in presenza di una significativa quantità di alcol, favorirebbe l’autolisi delle cellule e il conseguente rilascio di composti aromatici non gradevoli nel mosto (composti che ricordano l‘aroma di carne in scatola, soia, gamberetti, glutammato).