Il Cacciucco alla livornese sposa le Sour Ales
Tra le prelibatezze un tempo consumate come piatti poveri, una menzione d’onore spetta senz’altro al cacciucco: non fosse altro per la veracità che, al dei là dei gusti, questa preparazione esprime, nel restituire tutta l’intensità fisica del lavoro operato da chi dedica la propria vita al mare. Nasce infatti, questa ben nota zuppa di pesce, come soluzione per sfruttare, fino all’ultima squama, tutta la parte del pescato che era rimasta invenduta al termine della giornata di mercato: e dunque, facendo un piccolo salto metaforico, si può dire che l’ingrediente di base sia stata la cocciuta determinazione a non gettare neanche una stilla della fatica profusa a tirar su reti; ed è forse anche per questo motivo (tutto mentale) che farsene una buona scodella risulta così gustoso. E qui veniamo al nostro tema specifico: perché nella ricerca dell’abbinamento possibile, un punto di partenza è senz’altro questo: il livello, considerevole, dell’intensità sensoriale; espressa in particolare (la cottura prevede olio, pomodoro, pepe, sale e aromi) nella forma di una sapidità dolceacidula, ben lubrificata dal grasso vegetale e ricca di profumi: salmastri da un lato, vegetali e magari balsamici dall’altro.
La ricetta originale, livornese (me ne esiste una variante viareggina), prevede qualcosa come una quindicina di specie ittiche (la letteratura culinaria dà cifre oscillanti). Versioni più pratiche si contengono entro un numero di sei o sette varietà: palombo, gallinella, ghiozzo, seppia, polpo, cozze, cicale. Tutte unite in una sinfonia di decisa concentrazione, che pone, al bicchiere d’accompagnamento, due richieste essenziali: un buon guizzo acido, utile a detergere la propria componente lipidica (siamo sul 4%) e, soprattutto, a smorzare i toni gustolfattivi più acuti del pesce; una corporatura robusta, per tenere testa alla solida materialità della pietanza, dotata di un nucleo di proteine pari all’11% circa. Ecco perché la prassi, in campo vinicolo, è quella di affiancare al cacciucco un rosso; e visto che quest’ultimo è spesso utilizzato anche in preparazione, ecco perché, trattandosi di birra, la nostra proposta è quella di puntare alle più “red wines” tra le tipologie brassicole: in due parole, le Sour Ales, con una preferenza per le Vlaams Rod. Etichette specifiche? Non c’è che l’imbarazzo della scelta: Rodenbach, Rodenbach Grand Cru (Palm), Duchesse De Bourgogne (Verhaeghe); o per stare in Italia D’uvaBeer (Loverbeer), Dolii Raptorbach (Montegioco) fino a giocare la carta dell’identità territoriale (labronica) con Santa Julienbach di Piccolo Birrificio Clandestino.