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Cerveja brasileira, è boom della birra artigianale in Brasile

Quando sentiamo pronunciare la parola Brasile, a differenza di quanto avvenga con Germania o Belgio la nostra fantasia non corre immediatamente a forgiare l’immagine di un bel boccale o di un tulip ricolmo di birra, eppure il gigante sudamericano merita senza dubbio di essere inserito nel novero dei Paesi emergenti più interessanti in ambito brassicolo. Il Brasile, con una notevole impennata nei volumi produttivi negli ultimi anni, è infatti diventato il quarto produttore mondiale della nostra bevanda preferita, alle spalle solo di Cina, USA e Germania, e i suoi abitanti ne consumano la rispettabile quantità di 68 litri all’anno pro capite, oltre il doppio della media italiana. Inoltre, da una decina d’anni tutto il Paese è attraversato da un vulcanico movimento birrario, con aperture di centinaia di birrifici artigianali e locali specializzati e un sempre più forte interesse da parte dei consumatori, che affollano festival e corsi di degustazione.

Ho avuto la fortuna di visitare questa nazione per quattro volte in tre delle quali ero stato invitato come giudice: in un’occasione nell’edizione di Rio de Janeiro del Mondial de la Bière, nelle altre due al Concurso Brasileiro da Cerveja, il più importante concorso nazionale, che è dunque la vetrina privilegiata per capire le nuove tendenze in atto. I numeri del Concurso, giunto nel 2017 alla quinta edizione, sono impressionanti: le 2034 birre iscritte con un incremento del 38% rispetto al 2016 ne fanno il terzo concorso più grande del mondo, alle spalle solo di Great American Beer Festival e World Beer Cup; i birrifici partecipanti sono stati invece 332, con una crescita annua del 50%. L’appuntamento è a Blumenau, città del sud del Paese che deve il nome al suo fondatore, un botanico tedesco, e che è sede del secondo Oktoberfest più grande al mondo dopo quello di Monaco. Uno dei principali sponsor del concorso è il birrificio Eisenbahn (in tedesco ferrovia), aperto nel 2002 da una famiglia di origini alemanne e con un mastro birraio tedesco d.o.c, le cui Dunkel e Weizenbock Dunkel hanno raccolto premi anche in ambito internazionale. Eisenbahn, da ormai alcuni anni proprietà della giapponese Kirin, la cui filiale brasiliana Brazil Kirin è stata a sua volta recentemente rilevata da Heineken, rappresenta sia la fase embrionale e pionieristica del movimento craft che la stretta attualità, caratterizzata già da numerose acquisizioni di birrifici craft da parte delle major con in testa, ovviamente AB Inbev che in Brasile è di casa. Ad esempio Colorado e Wäls sono solo due nomi emblematici di ottimi birrifici già entrati nel portfolio del primo colosso globale. A differenza di quanto avvenga in Italia a Birra dell’Anno, inoltre, anche i birrifici non più indipendenti possono partecipare al Concurso e i due produttori poc’anzi citati hanno conquistato un buon numero di medaglie. Oggi, mentre il Sud caratterizzato dall’immigrazione tedesca la fa ancora da padrone in quanto a numero di birrifici, il dominio delle birre di ispirazione teutonica si è molto attenuato, come dimostrano i dati del Concurso: il regolamento pur presentando molte categorie (ben 143) alcune create su misura come le Brazilian Beers with herb and spice e le Brazilian Beers wood aged, ha visto trionfare in termini di iscrizioni le American India Pale Ale (oltre 160 birre), le South German Hefeweizen (circa 100 birre), le American Pale Ale (poco più di 80 birre), le Belgian Witbier (circa 60 birre) e le Double IPA (circa 50 birre). Last but not least, le due sottocategorie delle Brazilian Beers hanno totalizzato congiuntamente 56 iscrizioni.

Una lista di stili e macrotipologie che testimonia un’evoluzione in due direzioni: da una parte l’ossequio alla dominante tendenza globale verso birre molto luppolate di impronta americana o pacifica, dall’altra la ricerca di una propria “via alla birra artigianale” con sperimentazioni che possono sfruttare la sterminata biodiversità del Paese. Questo è un interessante punto di collegamento con il movimento italiano: come nel nostro Paese, è proprio in queste ardite sperimentazioni che si possono trovare le birre più appaganti, sorprendenti e meglio concepite, mentre a volte le realizzazioni di stili tradizionali tradiscono una non perfetta conoscenza della tipologia dovuta alle scarse possibilità di assaggiare esemplari autentici o, ancora, la difficoltà di reperire materie prime fresche. Ho giudicato infatti nei turni preliminari delle American IPA e delle Double IPA incontrando molte birre ben realizzate sul piano tecnico (base di malti, fermentazione, attenuazione) ma rovinate da luppoli vecchi e ossidati perché i birrifici brasiliani ricevono le forniture dagli USA, al pari di Spagna, Francia e altri Paesi emergenti, al “terzo giro”, dopo Stati Uniti (che, ovviamente, si servono per primi), UK, Germania, Belgio e Italia. Al contrario, sono stato piacevolmente sorpreso dalla freschezza e dal bilanciamento di alcune birre nella finale della categoria Australian Pale Ale, in particolare la vincitrice, la Enigma di Tupiniquim, un trionfo dei sentori di pesca nettarina e mandarino cinese dati dal luppolo protagonista (dimostrando come evidentemente le forniture dall’Oceania sono molto più rapide e agevoli). Il lavoro di scrematura che ho svolto nella categoria Saison mi ha fatto incontrare birre diversissime tra loro, anche piacevoli, ma ben poche delle quali inquadrabili nei classici canoni valloni dello stile. Aver giudicato ben due turni di Hefeweizen, categoria che avevo già incontrato nel 2016, mi ha invece confermato come il Brasile sia probabilmente il luogo al di fuori della Baviera in cui si trovano le migliori interpretazioni di questa tipologia. Parlando di birrifici che ben realizzano stili europei tradizionali non si può dimenticare la Cervejaria Bamberg di São Paulo, la cui mente è Alexandre Bazzo, birraio, Biersommelier e giudice nei principali concorsi internazionali (quest’anno è stato anche nel panel di Birra dell’Anno), la cui Rauchbier ha conquistato medaglie in tutto il mondo mentre la sua Altbier si è tolta la soddisfazione di strappare l’oro a un mostro sacro come Schumacher nell’European Beer Star 2015. Nella medesima competizione, anche la Cervejaria Bierland di Blumenau e la Cerveja Abáris di Campinas si sono, in questi anni, tolte la soddisfazione di rubare la scena ai maestri europei vincendo l’oro, rispettivamente, nelle Dunkel Bock e nelle Bohemian Schwarzbier.

Tra le sperimentazioni più interessanti che si possono assaggiare segnalo sicuramente le birre chiare con caffè verde o poco tostato, in primis la splendida Hop Arabica di Cerveja Morada e le birre realizzate con frutti tropicali e bacche locali. Tra gli specialisti del genere c’è ovviamente Amazon Beer, uno dei pochi birrifici del Nord, che realizza birre con il bacuri, un frutto simile alla papaya, la priprioca, una radice dalle originalissime note erbacee e il cupuaçu, un albero imparentato con il cacao i cui frutti hanno sentori di cioccolato, pera matura e ananas. Tra le birre con frutta più sorprendenti assaggiate quest’anno c’è stata poi la Patillazo del birrificio Zancanaro e Zancanaro, una American Wheat con anguria così fresca ed appagante da conquistare il primo posto nella categoria Fruit Wheat Beer. Altri frutti che trovano ampio spazio nella birrificazione sono l’açai, una bacca dalla grande proprietà nutritive che dona il suo aroma minerale a una Sour Ale di Way Beer, il caju, una sorta di anacardo che caratterizza una Saison di Tupinquim, e, naturalmente, mango e passion fruit, che trovano ampio utilizzo sia per arricchire gli aromi luppolati delle IPA che come complemento aromatico per Berliner Weisse e Gose.

La tendenza sour è molto gettonata anche a queste latitudini, come la Funky Framboesa, fermentazione spontanea con lamponi dell’immancabile Tupiniquim così piacevole e ben realizzata da conquistare le lodi di un esperto belga come Luc de Raedemaeker, papà del Brussels Beer Challenge; o come la Morada Gasoline Sour della Cervejaria Curitiba e la Red Meth della Cervejaria Maniba, due ottime interpretazioni di uno stile non certo facile da realizzare come quello delle Flanders Old Red Ale.

Abbandonando per un attimo l’universo “acido”, non posso non ricordare la Dubbel Dragon Honey Revenge della Cervejaria Seasons di Porto Alegre, che già al Mondial de la Bière 2016 mi sorprese con una straordinaria Wit Bier con basilico. La birra base è una Belgian Dubbel chiamata appunto Dubbel Dragon in omaggio a un celebre videogame degli anni Ottanta, in questa variante è stata trasformata in un Braggot fermentato con il 40% di miele. Vale la pena ricordare che il tavolo capitanato da Giovanni Campari (birraio del Birrificio del Ducato) le ha concesso il primo posto nella categoria Brazilian Beers with herb and spice e anch’io, quando l’ho assaggiata, senza naturalmente sapere cosa fosse, l’ho trovata stupefacente, con un caleidoscopio di aromi, che spaziavano dal ginepro al timo selvatico, donati semplicemente dalla misteriosa varietà di miele impiegata.

Un’altra birra vincitrice, la Guanabara Wood Aged della Cervejaria Colorado, permette di introdurre un altro importante trend, ovvero la maturazione in botte di amburana, pregiato legname ricavato dall’Amburana cearensis, un albero appartenente al genere delle Leguminose e alla famiglia delle Favacee che può raggiungere i venti metri d’altezza ed è autoctono in Brasile, Perù, Bolivia, Argentina e Paraguay. La corteccia di amburana è usata nella medicina tradizionale come balsamico per le malattie polmonari, mentre l’estratto dei semi ha proprietà antinfiammatorie. Le botti di amburana sono tradizionalmente usate nella maturazione delle migliori varietà di cachaça. Nelle birre maturate in questo legno che ho avuto modo di assaggiare, tra le quali la vincitrice della medaglia di platino al Mondial de la Bière Rio 2016, la Bravo Imperial Porter della Cervejaria Backer, ho sempre notato un sentore di vaniglia più complesso e profondo rispetto a quello dato dalle botti di quercia, con l’aggiunta di note oleose e vagamente fumée. Una ricerca svolta dalle facoltà di Chimica e Scienze Alimentari dell’università brasiliana di Lavras ha in effetti dato una prova scientifica degli effetti di questo legno: il confronto tra la stessa varietà di cachaça messa a maturare un anno nei due diversi tipi di botte mostra come l’amburana trasmetta al liquido una quantità leggermente minore di vanillina ma un quantitativo nettamente maggiore di acidi fenolici come l’acido vanillico, che si trova anche nelle radici di angelica, nell’olio di argan e in quello di açai, l’acido siringico e il suo derivato siringaldeide, che dona note affumicate e calde nonché l’acido gallico, che si trova anche in frutti dolci come mango, mora e fragola, nonché nelle olive.

Il premio di birrificio dell’anno, riservato a chi ottiene il maggior numero di medaglie, è andato per il terzo anno consecutivo a Cerveja Tupiniquim, produttore che prende il nome da un gruppo etnico autoctono dello stato di Espirito Santo, anche se l’azienda si trova a Porto Alegre, nel Rio Grande do Sul. Si tratta di un birrificio di altissimo livello e con una crescente fama mondiale (ha anche già avuto collaboration con Evil Twin e Stillwater) che eccelle sia negli stili tradizionali come IPA, Bock e Dubbel, sia nelle birre sperimentali con utilizzo di frutta, lactobacilli, Brettanomiceti e invecchiamenti in legno. Tra le loro creazioni già famose amo particolarmente la Funky & Sour, un blend tra un’ American Sour Ale e un mosto fermentato al 100% con Brettanomiceti fatto poi rifermentare con lievito da champagne e la Monjolo Floresta Negra, un’Imperial Porter con fave di cacao, vaniglia e lamponi che vince la mia usuale ritrosia ad abusare di birre così forti e corpose. Fra le numerose novità di quest’anno, mi hanno positivamente colpito le due immancabili Juicy, una IPA e una Double IPA con freschissimi profumi di ananas e papaya e una consistenza felicemente setosa in bocca, e l’Imperial Stout con noci pecan, ricca, complessa e appagante.

Accanto ai tradizionali prost, cheers e santè brinderemo più spesso esclamando saude? Se la crescita continua a questo ritmo, è molto probabile…