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Diario di un homebrewer: una cotta in un birrificio

1-  Prologo: ovvero come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare l’estratto

Sul concorso non mi dilungo.
Abbiamo vinto, contro tutte le aspettative.
E intendo le aspettive di mia moglie e dei miei amici che a fine giornata, quando la giuria stava annunciando le prime posizioni e la nostra birra non era ancora stata chiamata, piuttosto che credere nella vittoria, hanno iniziato a stilare le più svariate ipotesi alternative.
– hanno perso le schede
– hanno perso le birre
– ci hanno squalificati
– le nostre birre sono esplose
– siamo su scherzi a parte
– etc…
Invece…
Bella soddisfazione, naturalmente.
E conferma che il metodo E+G, oltre ad essere un’ opzione quasi obbligata per chi, come noi, abita in un bilocale con cucina a vista e parquet, può anche portare a buoni risultati.
Soprattutto nella fase iniziale di apprendimento, nella quale l’homebrewer sta ancora prendendo dimestichezza con malti, luppoli e lieviti e con le loro innumerevoli combinazioni, secondo me è il metodo più indicato perchè permette di sperimentare senza mettere in gioco troppe variabili che risulterebbero poi di difficile gestione.

2- Silos (le sostanze dal malto secrete)
Il premio consisteva, come noto, nella possibilità di fare una cotta della nostra birra nell’impianto di un vero birrificio artigianale, il Birrificio Rurale di Certosa di Pavia.
Coi birrai ci siamo dati quindi appuntamento al Birrificio per il 17 gennaio, alle 7 e 30, che, considerando il tragitto, ha significato, per me e mia moglie Antonella, svegliarci alle 5.45 circa… Ammetto che per un breve istante, appena alzati, abbiamo rimpianto di non essere arrivati secondi: dopotutto quella confezione di Sparrow Pit non era affatto male… Ci è passata in fretta comunque.
Subito il posto si è rivelato davvero caratteristico: si tratta infatti di un silos riadattato ad uopo per accogliere i 3 piani del birrificio. Al 2° piano, raggiungibile con una scala a pioli, si trova il magazzino dei malti; al 1° piano c’è l’impianto vero e proprio, composto dai 3 tini di ammostamento/cottura, filtraggio e whirlpool e fornito di un pannello di controllo che permette di manovrare un complesso sistema di valvole con cui è possibile gestire l’impianto durante tutte le fasi della cotta e della pulizia. Infine al piano terra ci sono i due fermentatori. Nel cortile si trovano invece i serbatoi dell’acqua calda e fredda e la cella frigorifera. Il silos è posto al centro dell’Azienda Agricola Fattoria Oasi una bella tenuta agricola con una grande casa padronale, un piccolo laghetto artificiale e uno spazio verde dove gironzolano animali di tutti i tipi (dal pollame alle capre, dai pavoni alle nutrie!), tutti addomesticati e, a dir poco, amichevoli.

3- I maestri dell’orzo
Visto che, come detto, la nostra ricetta prevedeva l’uso di estratti, è stato necessario trasformarla in All Grain. Lorenzo, uno dei birrai del Birrificio Rurale, si è incaricato delle modifiche sostituendo l’estratto con la giusta quantità di Malto Pale Maris Otter e facendo qualche modifica sulle dosi degli altri ingredienti per adattarle alle caratteristiche dell’impianto ed ottenere circa 350 lt. di birra (1/2 cotta dell’impianto da 700 lt.). I ragazzi si erano già portati avanti il giorno prima macinando i malti, abbiamo potuto quindi iniziare subito con il mashing.
Tra i 5 soci proprietari del Birrificio (tutti presenti) a Stefano è toccato l’ingrato compito di seguire la cotta e quindi sorbirsi “gli intrusi” mentre gli altri 4 erano indaffarati in svariate altre attività (dal travaso da un fermentatore all’altro, etichettatura, etc… ). Mentre la cotta proseguiva nelle fasi di mashing, sparging e filtraggio, Stefano ci ha raccontato come sia lui che i suoi consoci vengano dall’homebrewing e, successivamente, dall’esperienza di Atelier Birra, durante la quale hanno fatto molta gavetta e sperimentazione collaborando con Agostino Orioli del Birrificio Italiano. Una passione comune (tutt’ora chiaramente avvertibile) che li ha infine spinti a fare il grande passo.
La cotta è proseguita senza grossi intoppi. Assistere al procedimento è molto interessante: tutto sommato la differenza tra fare una birra “da appartamento” e farla in un birrificio vero, almeno a livello procedurale, non è poi così marcata; naturalmente ci sono però molteplici questioni relative alla gestione dell’impianto e agli accorgimenti necessari per farlo rendere al meglio e per affrontare i mille problemini che possono sorgere. Come ci hanno confermato gli stessi birrai ogni impianto e persino ogni singola cotta è una storia a sè.

4- Epilogo
Nel pomeriggio ci sono stati i grandi momenti dell’aggiunta del luppolo e dell’inoculazione del lievito, entrambe le operazioni lasciate a noi, con tanto di foto commemorative dell’ evento. Che dire… una bella giornata e una bella esperienza, anche e soprattutto per la gentilezza, la simpatia e la disponibilità delle persone che l’hanno resa possibile (tra loro anche il proprietario dell’azienda agricola).
Il frutto del nostro (loro, più che altro) lavoro si potrà assaggiare il giorno 28 marzo in occasione del Homebrewing Open Day; ovviamente non posso che invitarvi tutti a partecipare, sono sicuro che vi troverete bene come è successo a noi.

P.S. Due settimane dopo siamo tornati al birrificio per dare una mano ad imbottigliare (sono venute più o meno 560 bottiglie e 2 fusti): la birra ha un ottimo profumo e sembra promettere bene… Vedremo!

di Norberto Capriata