Fare una Doppelbock in casa (metodo All Grain)
Non sono tra le birre più semplici da bere e forse neppure da produrre, ma probabilmente rappresentano l’espressione massima del mondo birrario di stampo tedesco in termini di intensità e di gradazione alcolica. Le doppelbock affondano le proprie radici nella fine del XVII secolo, quando arrivò sul mercato la prima e iconica birra Salvator prodotta da Paulaner: più che una versione più alcolica delle bock scure importate in Baviera dal nord, si trattava di un retaggio della tradizione monastica europea che diede alla luce una birra di sostentamento nei periodi forti dell’anno (avvento, quaresima). Da allora il pubblico dei bevitori le ha attribuito l’appellativo di bock di “doppia” potenza, suggerito sicuramente dall’alcol e del carattere dei malti impiegati. Ce ne sono diverse versioni, suddivisibili anche tra chiare (heller doppelbock) e scure (dunkler doppelbock), ed è a queste ultime che più solitamente ci si riferisce.
Il compito di produrre una doppelbock non è facilissimo: è una birra che deve essere profonda e complessa sul versante maltato, contemporaneamente essere bilanciata da un’abbondante luppolatura ma risultare anche non tremendamente difficile da bere. Tra gli esempi migliori c’è sicuramente la Celebrator di Aynger, che spinge molto anche sui tostati ma che ha nell’equilibrio tra le componenti alcol, caramello e amaro una giusta quadra.
FACILE SCEGLIERE I MALTI, MENO FACILE COMBINARLI
Il grist di malti sicuramente sicuramente non può prescindere dal malto di tipo Monaco. Ce ne sono diversi in circolazione e considerando che vogliamo produrre una birra tendenzialmente di un colore ambrato carico, potremmo scegliere anche un Monaco scuro o quanto meno combinarne un chiaro e uno scuro. In questo modo aggiungiamo anche strati di complessità ulteriori senza caricare troppo con malti speciali. Dovremmo pensare di destinare al malto base circa il 90-95% del totale, scegliendo di affidarci al Monaco chiaro oppure di combinarlo con un Monaco scuro o anche con un Pils (meno aggressivo dei Monaco) e raggiungere ugualmente questa percentuale. Va lasciato qualcosa per un piccolissimo contributo di malti tostati, con un Chocolate o uno dei cari Carafa Spezial in modo da non superare 1-2% del totale, mentre ciò che resta va evidentemente in quota a un malto caramello, ma non molto oltre un 5% circa: la scelta più logica va sui Caramonaco (anche qui ce ne sono di più tipi), ma anche qualche altro malto speciale leggermente scuro può fare al caso nostro. L’importante è non esagerare arrivando a un 10% che rischierebbe di rendere questa birra molto impegnativa. Talvolta oggi si usa del malto Melanoiden per provare a riprodurre gli effetti della decozione, ma al di là dell’imbrunimento il suo contributo pare molto contenuto.
ACQUA E AMMOSTAMENTO
L’ammostamento per infusione multi-step è il più usato in homebrewing, ma i pochi birrifici tradizionali usano ancora singola, doppia o perfino tripla decozione: può essere divertente e educativo provarlo (ma anche faticoso!) e in qualche caso può riservare sorprese organolettiche (seppur piccole). La scelta più logica, però, è ammostare immergendo direttamente i grani per tenerli a 67°C, sempre che non ci siano troppi malti caramello. Se non ve ne sono per niente, allora anche una piccola sosta a 71°C può essere utile per estrarre qualche destrina dai malti Monaco. L’acqua da usare deve essere necessariamente in grado di enfatizzare la parte maltata, per cui occorre avere un rapporto solfati/cloruri almeno intorno a 0,8. Con malti abbastanza scuri il pH facilmente si potrà regolare e stabilizzare su 5,2.
BILANCIARE CON IL LUPPOLO
Le doppelbock in passato passavano per birre moderatamente luppolate e il motivo è semplice: con un residuo zuccherino non particolarmente basso, c’è bisogno di contrapporre all’imponenza del sapore dei malti un amaro abbastanza presente. Il rapporto IBU/OG, tuttavia, deve restare intorno a 0,3-0,4 per non scadere nel problema opposto. Siccome a livello di quantità c’è bisogno di molto luppolo, sarebbe da scegliere un luppolo con alta %AA come Perle o Magnum per la gittata da amaro. Si può anche cercare di spezzare il predominio maltato in aroma, ma bisogna andarci molto cauti: 0,5-0,8 g/l di varietà nobili tedesche come Mittelfrüh, Tradition, Tettnanger dai 5 minuti di bollitura in giù (quindi anche a bollitura finita o il late hopping durante il raffreddamento) probabilmente saranno già sufficienti ad aggiungere un velo di erbaceo che aggiunge complessità al delicato aroma.
LIEVITO E TEMPERATURA
Il pitching deve essere particolarmente abbondante: è una birra di alta densità iniziale e fermentata a basse temperature (per le quali si usa già almeno il doppio della quantità rispetto ad una alta fermentazione). La temperatura di inoculo può anche essere più alta di quella di fermentazione (anche 16-18°C) e può stimolare una maggiore propagazione del lievito, a patto che nel giro di un paio d’ore si scenda a temperature più adeguate. Di lieviti a bassa fermentazione adatti a una doppelbock ce ne sono diversi: vengono indicati con nomi apparentemente simili alcuni ceppi di stampo tedesco (Bavarian, German, Munich) ma bisogna capire quale attenuazione raggiungono e che profilo regalano per sceglierne uno. Al di là del ceppo, che può esprimere più o meno il carattere di cereale, un carattere alquanto neutro o qualche rustica presenza sulfurea, occorre partire da temperature basse: 9-10°C devono essere tenuti costantemente per i primi 5-7 giorni, dopo i quali con un controllo della densità bisogna capire a che punto sia la fermentazione. Se il mosto è ai 2 / 3 dell’attenuazione apparente (basta ipotizzare la FG e ricordare la OG), si può passare alla fase del diacetyl rest: lasciando briglia sciolta al lievito e facendo scaldare il fermentatore, si stimola il lievito nel riassorbimento dell’eventuale diacetile rilasciato nella prima fase. Alcuni ceppi ne sviluppano di più (vedi quelli di stampo ceco), altri meno, ma è bene fare questo passaggio per evitare che il difetto venga fuori a birra finita, quando ormai non c’è più nulla da fare.
LAGERIZZAZIONE
Farm maturare la birra a freddo è fondamentale: bisogna calcolare almeno 3 settimane di lagerizzazione per ottenere una buona sedimentazione del lievito e una discreta pulizia organolettica, ma i risultati migliori si ottengono dalla quarta settimana in poi: netto illimpidimento (sempre che il pH sia stato ben controllato durante la produzione) e miglioramento di bevibilità senza contributi fenolici o sulfurei derivanti da presenza di lievito in sospensione. Tenendo a 0-2°C circa in camera di fermentazione (o frigorifero…l’importante è che però ci arrivi!) per 1 mese circa, il risultato è garantito. L’ideale sarebbe carbonarla a 2,5 vol direttamente in fermentatore isobarico (Fermzilla/Fermentasaurus o fusti); in alternativa, la rifermentazione in bottiglia deve essere seguita da una buona fase di maturazione a freddo a 10°C circa per permettere una buona saturazione di anidride carbonica. Non è una di quelle birre che subisce molto gli effetti del tempo, per cui si può bere anche dopo 1-2 mesi dall’imbottigliamento, ma certamente farlo dopo tanto tempo può non essere ugualmente appagante. Un suggerimento? Produrla a ottobre per berla durante tutto l’inverno!
RICETTA DOPPELBOCK 23 L
OG 1067 – FG 1014
28 IBU – ABV 7,1
Efficienza 74%
Acqua Mash 22 L – solfati/cloruri 0,8 – pH 5,2
Acqua Sparge 15 L – solfati/cloruri 0,8 – ph < 5,8
Mash
2,2 kg Monaco I (37%)
2,2 kg Monaco II (37%)
1,2 kg Pils (20%)
0,3 kg Caramonaco II (5%)
0,1 kg Carafa Spezial II (1%)
67°C – 50’
71°C – 20’
77°C – 10’
Boil 60’
60’ – Magnum – 28 IBU
00’ – Mittelfrüh – 0,5 g/l
00’ – Saphir – 0,2 g/l
Lievito Saflager W34/70