AbbinamentiBirra in tavola

Filetti di orata agli agrumi e White Ipa

Tra le nuove frontiere dell’abbinamento, un posto di rilevo non può non spettare ai filoni di sperimentazione delle possibilità offerte da parte degli generi birrari di più recente approdo sulla scena degli stili ufficialmente riconosciuti. In quest’occasione proponiamo di mettere alla prova quello classificato come White Ipa, nato come ibrido tra una Wit di scuola belga e una Ipa di matrice americana. In sintesi, la bibbia dei disciplinari brassicoli (le Guidelines del Bjcp) ne traccia così il genoma: malti d’orzo e fumento, lievito da Blanche, luppoli statunitensi; quanto all’identikit sensoriale, il corpo è leggero e di vivace frizzantezza, il gusto in equilibrio tra acidulità e tendenza americante, gli aromi un crossover tra profumi fermentativi europei e apporti dei coni a stelle e strisce, con le loro tipiche evidenze fruttato-esotiche, resinose e agrumate.

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Ecco, proprio quest’ultima caratterizzazione stabilisce l’aggancio con la ricetta indiziata per l’accoppiata che proponiamo: i filetti di orata agli agrumi. Una preparazione ragionevolmente semplice (le fettucce di pesce, spolverate di farina, vengono cotte in una salsa composta da burro (o extravergine in alternativa) più succo e scorzette di arancia, limone e pompelmo) che presenta le carte in regola per un aggancio su misura con le caratteristiche della tipologia qui chiamata in causa.

Dato infatti per acquisito il fattore-base dell’inclinazione del pesce (con i suoi connotati salmastri, talvolta acuti e bisognosi d’essere smorzati) per i bicchieri più o meno sensibilmente aciduli, è l’intervento delle componenti grasse (i già citati olio o burro) e della buccia di agrumi a stabilire una piattaforma di reciprocità ancor più precise.

chainbreaker_featureMentre infatti i grassi (ripuliti dalla frizzantezza e dalla vena acida) attenuano le eventuali esuberanze amaricanti della birra, quel che di esse rimane va a elidersi definitivamente con le note analoghe introdotte dagli agrumi, i cui vapori aromatici ben si specchiamo nel ventaglio olfattivo tipico dei luppoli targati Usa. Quanto alle possibili venature fruttate e speziate del lievito (comunque leggere), andranno a concertare con le facoltative aggiunte (in padella) di erbe odorose come il prezzemolo. Infine gli aspetti strutturali: peso leggero il piatto (polpa magra, l’orata con tante belle proteine, qui ben ammorbidite dalla cottura) e peso leggero il bicchiere, per il più auspicabile dei match tra pari grado.

Suggerimenti conclusivi: la White Ipa norvegese di casa Lervig (6.4 gradi); la Crime Passionnel di De Dochter Van De Korenaar (7,5 gradi); la W.I.P.A catalana di Guineu (6,8); la White Widow del team lombardo di Menaresta (5,9 gradi); e la W.Ipa alla pratese di Badalà (4,5 gradi).