I falsi miti del Lambic svelati dallo storico Roel Mulder
Da sempre ci è stato detto che il Lambic è una bevanda che risale a tempi immemori della tradizione belga. E se non fosse proprio così? Il dubbio lo semina Roel Mulder, storico olandese con una particolare passione per il mondo della birra. Diventato un prodotto di culto, il lambic e i suoi derivati sono circondati da miti e leggende: la ricetta ritrovata del 1559, la produzione limitata alla zona del Pajottenland o, ancora, la rappresentazione nei quadri di Brueghel. Queste favole, seppur romantiche, rimangono favole. Le prime tracce documentate del lambic infatti sono molto più recenti di quel che si pensa. Cercando tra le fonti storiche del Lambic, Roel ha scoperto che la prima menzione scritta risale al 1794. Abbiamo deciso di approfondire l’argomento interpellando direttamente lo studioso.
Ciao Roel, prima di iniziare, potresti dire qualcosa in più su di te, la tua carriera e come è nata la tua passione e curiosità verso la birra e il lambic?
Sono uno storico di professione. Lavoro per musei e scrivo su vari argomenti. Un mio amico aveva un sito dedicato alla birra e nel 2013 decisi di aiutarlo scrivendo qualcosa per il suo portale. All’inizio la mia passione fu innescata dalla scoperta di alcuni vecchi stili birrari olandesi in vecchi documenti, argomento che ho voluto approfondire. Ho cominciato così a dedicarmi alla storia della birra in Olanda e ne parlai sul mio blog e alla fine pubblicai un libro sull’argomento in olandese. Dopo aver pubblicato il libro mi chiesi come proseguire e notai che quello che avevo scoperto sulla storia della birra in Belgio mi lasciava molte domande aperte che necessitavano riposta. Ho deciso così di proseguire la mia ricerca. Ho studiato la storia di diverse tipologie di birra belga: witbier, trappiste, saison. Nel 18esimo secolo in Belgio esistevano stili birrari che oggi non esistono più e altri stili che erano nuovi per l’epoca, tra cui birre dal tenore alcolico più forte. Non ho mai trovato una fonte che descrivesse l’orizzonte completo delle tipologie belghe, ho cominciato quindi dalle fonti a mia disposizione: libri, archivi di brassaggio, qualsiasi cosa potessi trovare.
Da quel che ho potuto leggere, hai scoperto che la prima traccia scritta di lambic risale al 1794. Qual è stato il tuo processo di ricerca? Dove hai trovato le fonti?
Per la data del 1794, l’informazione arriva da un articolo che uno storico ha scritto a proposito di una birra chiamata lambic. Ho trovato personalmente in un vecchio libro un altro documento datato 1721 in cui l’autore invece parla di Faro. Grazie alla digitalizzazione, oggigiorno è possibile accedere a una vasta selezione di giornali, libri. Alcuni dei documenti che cito non li ho effettivamente mai visti personalmente, li ho solo in formato digitale. Mi reco anche presso archivi alla ricerca di fonti fisiche originali e diari di produzione.
Immagino che ti sei dovuto recare spesso in Belgio per consultare questi archivi.
Sì, certo. Fortunatamente non è molto lontano, nel peggiore dei casi, con traffico, ci vogliono 3 ore. Ma questo mi permette di visitare biblioteche e archivi e fotografare i documenti utili. Una volta a casa posso esaminarli con calma. Ho trovato alcune cose anche in Olanda perché un tempo si produceva lambic e faro anche qui.
Affermi che esistono testimonianze dell’esistenza del faro già dal 1721. Questo significa che il faro è nato prima del lambic o semplicemente che ancora non sono state trovate tracce del lambic antecedenti a quella data?
Si può affermare che probabilmente il faro precede il lambic semplicemente perché è più facile reperire informazioni sul faro, mentre non si trovano riferimenti sul lambic. Se fosse esistito prima penso che qualcuno avrebbe lasciato qualche traccia scritta. Per questa ragione credo che il lambic non esistesse in quel periodo o che comunque non fosse molto conosciuto o popolare. Per quanto ne possiamo sapere, il faro ha preceduto la produzione di lambic.
Dalla tua ricerca si evince che il faro e il lambic erano due prodotti distinti, mentre al giorno d’oggi il faro è conosciuto come un derivato del lambic. Mi puoi spiegare quali sono le differenze sostanziali tra il faro di allora e quello di oggi?
Il faro era un prodotto a sé stante, non era un blend. Producevano faro e lo vendevano così com’era. Oggi ovviamente si tratta di un blend di lambic e di una birra meno alcolica, come una bière de mars, a cui spesso viene aggiunto zucchero. All’epoca, nel 18esimo secolo, probabilmente si trattava di una versione più debole del lambic, ovvero con meno alcol. Il punto è che quando il faro fu creato era probabilmente la birra più forte sul mercato di Bruxelles, le altre birre erano ancora più leggere in termini di alcool. Con grande probabilità il faro è stato creato per offrire una birra più forte rispetto alle altre. Dopo qualche anno, con la stessa necessità, è stata creata una birra ancora più forte, il lambic.
Quando parli di lambic come “birra più forte”, che cosa intendi di preciso?
È difficile da affermare con certezza, dovrei esaminare le mie fonti e fare una ricerca più approfondita. Ho delle ricette del 19esimo secolo e facendo qualche calcolo si potrebbe arrivare ad un risultato più preciso. Probabilmente era già simile alla gradazione attuale: il faro era tra i 4 e i 5 gradi e il lambic tra i 6 e 7. Non è cambiato molto. Forse il faro ha subito qualche cambiamento nel tempo, scendendo intorno al 3% vol per poi ritornare in tempi recenti alla gradazione precedente. Non è facile stabilire questo tipo di cose, è necessario rintracciare i dati. Basandomi sulle mie fonti ti posso dire che nel 1851 alcuni avevano una gradazione alcolica di 4.1%, nel 1874 4.3% e nel 1913 4.7%. Allo stesso modo nel 1851 abbiamo prova di lambic con 6.7 gradi e nel 1931 di 6.1%.
Dici che il lambic era una versione più alcolica del faro, ma qual è la vera storia della nascita del lambic quindi e come si produceva una volta?
Per quanto ne so, il metodo produttivo non è cambiato molto negli ultimi 200 anni. Si trattava sempre di fermentazione spontanea e veniva impiegato frumento, anche se in quantità maggiori rispetto a oggi, solitamente 50% contro il 30-40% attuale. Un’altra differenza sta nell’utilizzo attuale di luppoli suranné, ovvero vecchi. All’epoca venivano usati luppoli autoctoni freschi, tipologie belghe con pochi alfa acidi e molto meno aroma.
Quindi il lambic è nato semplicemente dalla necessità di avere una prodotto simile al faro ma più forte?
È difficile da dire con certezza. Quello che accade spesso nella storia della birra è che alcune tipologie si ingentiliscono durante i secoli. Alcune birre nascono con gradazioni alcoliche importanti nel 16esimo secolo, per poi ritrovarle nel 17esimo in versione più light. A questo punto sorge la necessità di creare un nuovo stile birrario per reintrodurre sul mercato la versione strong. Probabilmente il faro era più forte agli albori e con il tempo la gradazione alcolica è andata a scemare, per questa ragione è stata brassata una birra simile ma più forte da inserire sul mercato. Sul perché l’abbiano fatto non sono sicuro. In Belgio in quel periodo sono stati inventate diverse nuove birre. Intorno alla fine del 18esimo secolo molte birre di orzo fanno la loro apparizione andando a rimpiazzare le più classiche birre con orzo-frumento-avena. Fra le altre innovazioni del 18esimo e 19esimo secolo risulta importante l’invecchiamento della birra. Fino ad allora la birra era consumata fresca, qualche settimana, massimo qualche mese. L’invecchiamento ci ha regalato nuove birre come saison o oud bruin nelle Fiandre ma anche faro e lambic avevano questa peculiarità, i birrai mantenevano queste birre per mesi o un anno prima di venderle, questa è stata un’innovazione importante.
Possiamo quindi dire che la nascita del lambic è dovuta a ragioni di marketing? Semplificando hanno rinominato la versione più alcolica, introducendo un nuovo stile per differenziarla dal faro.
Qualcosa del genere. Esisteva già un mercato per queste birre più forti e solitamente quando una nuova birra veniva introdotta prendeva il nome di double/dubbel o triple/tripel, seguendo questa logica, avrebbero potuto chiamarlo “double faro” ma non ho mai incontrato questo tipo di dicitura. In alcuni casi veniva inventato un nuovo nome ad effetto. Il punto con il lambic è che il nome deriva dalla parola “alambique”, ovvero uno strumento per la distillazione, un processo ovviamente diverso dalla birrificazione. I consumatori così avevano l’impressione di trovarsi davanti ad una birra che ricordasse un distillato per la forza alcolica, che ribadiamolo, oggi può far sorridere, ma per i tempi era elevata.
Come sono nate tutte queste leggende che circondano il lambic e quanto sono state importanti per la sua affermazione?
Molte di queste leggende hanno contribuito alla rinascita del lambic negli anni 70 e 80 e probabilmente i produttori avevano bisogno di storie da raccontare per sormontare il periodo di difficoltà che stavano vivendo e salvare il loro prodotto. Le persone erano curiose e volevano approfondire la storia di questa tipologia di birra che negli anni 70 sembrava così arcaica, fatta da birrifici di vecchio stampo con metodi strani. “Questo dev’essere il metodo di brassaggio antico”, così pensavano senza però mai aver studiato l’argomento. Un uomo in particolare, Marcel Franssens, nel 1970 scrisse un articolo sul lambic che conteneva numerose inesattezze. Aveva ottime intenzioni ma fece supposizioni che non erano propriamente verificate. Molta gente ha semplicemente copiato le sue parole che hanno così cominciato a circolare. Credo abbia giocato un ruolo importante nel creare un nuovo interesse verso il lambic ma ciò sarebbe avvenuto anche raccontando una storia diversa, magari una storia più veritiera.
Oggi diremo una Fake News…
Ma non l’hanno fatto di proposito, pensavano di raccontare la realtà dei fatti. Le persone che scrivevano di lambic non avevano a disposizione molto materiale sulla storia della birra in generale. Bisogna poter inserire il lambic all’interno del contesto generale di tutte le birre presenti a quell’epoca. I belgi del 20esimo secolo non realizzavano che la conservazione della birra in botti e la sua maturazione era un procedimento già presente nell’Inghilterra del 18esimo secolo, non riuscivano a guardare oltre la loro regione e la produzione di lambic. Certo, la ricerca sarebbe potuta essere più accurata ma questo è quel che è successo.
Racconti anche che il lambic non era un prodotto esclusivo del Pajottenland, dove veniva prodotto al di fuori di questa area? Perché, escluse poche eccezioni, questa usanza si è andata a perdere? A tuo parere la limitazione del terroir ha giovato ai produttori e al prodotto?
Il lambic nasce a Bruxelles e nel Pajottenland, qui è dove troviamo i primi riferimenti sulle fonti più datate. Il lambic prodotto in altre regione o paesi è un copia di quest’ultimo. Il perché sia sopravvissuto a Bruxelles è probabilmente dovuto alla sua importanza nella regione. In altri posti, come in Olanda, il lambic era solo uno stile in mezzo a tanti altri prodotti dai birrifici. Il lambic in Olanda sparì perché quel tipo di birrificio sparirono. In Belgio i produttori di lambic sono sopravvissuti grazie ad alcuni fattori di mercato che hanno reso possibile l’esistenza di diversi tipi di birrificio. In Olanda anche i più vecchi produttori a un certo punto hanno dovuto chiudere perché i consumatori preferivano bere Heineken. Oltre a Bruxelles e la zona circostante, il lambic ha avuto successo in altre zone del Belgio, sia in passato che attualmente. Lambic, faro e geuze vengono ancora prodotti nelle fiandre occidentali.
Dal lambic nascono un gran numero di prodotti. I più emblematici sono sicuramente le geuze e le kriek. Come sono nate e com’è cambiato il metodo produttivo?
Per esempio la kriek ha cominciato ad apparire alla fine del 19esimo secolo ed è probabilmente in quel periodo che è diventata popolare. In effetti già da molto tempo si usava inserire frutta nella birra, ci sono tracce in diversi luoghi che risalgono al 17esimo secolo. In Belgio e nel lambic però, come detto, le prime tracce risalgono al 19esimo secolo. Il processo produttivo non credo sia cambiato nel tempo, penso sia rimasto abbastanza simile anche se al giorno d’oggi ci sono produttori che usano sciroppi di vario tipo. Per quanto riguarda le geuze c’è da dire che il nome è particolarmente antico, lo possiamo ritrovare nel 1829, ma non divenne subito popolare. Solo alla fine del 19esimo secolo comincia ad apparire più spesso in giornali e libri. Prima di quel periodo era quasi inesistente e rappresentava probabilmente una selezione del migliore o del più vecchio lambic che tenevano separato dal resto della produzione e veniva venduto sotto il nome geuze. La vendita non era necessariamente in bottiglia che invece divenne apprezzata soltanto dopo la prima guerra mondiale. Solo nel 20esimo secolo geuze è diventato un prodotto venduto comunemente in bottiglia.
Quindi tutti i dibattiti su quale sia il formato più adatto per geuze e lambic, sul fatto che tradizionalmente non venisse infustato, partano da un concetto sbagliato?
In passato non era come al giorno d’oggi. Questo è un dibattito per i giorni nostri, e in fondo credo sia solo una questione di gusto. Se ti piace la geuze in bottiglia, bevila in bottiglia. Storicamente non esiste nessuna ragione per la quale una geuze non possa essere servita da un fusto o da una botte, del resto è così che veniva servita nel 19esimo secolo.
Quando è che la ricetta delle geuze è cambiata diventando un blend di diverse annate di lambic?
Non è facile rispondere. Miscelare lambic, faro o geuze, è una pratica antica. Già nel 19esimo secolo alcune fonti ci dicono che in Belgio esistevano blenders professionisti. Alcuni osti blendavano questi prodotti prima della vendita. Se a un tempo è stato venduto il prodotto in purezza dev’essere stato molto tempo prima. Nel 19esimo secolo molto birrai e scrittori già si lamentavano di blenders che a detta loro rovinavano il prodotto nel tentativo di fare più soldi. Il processo del blending credo sia sempre esistito anche perché con la fermentazione spontanea e la maturazione in botte ogni batch risultava diverso l’uno dall’altro, e miscelare sapientemente i batch permetteva di mantenere costanza nel prodotto finale.
Per concludere, possiamo quindi considerare, a differenza di quello che molti credono, che il lambic che beviamo oggigiorno non sia la stessa birra immutata da secoli? In termini di sapore e aroma, quali pensi siano le principali differenze tra l’attuale lambic e quello dei tempi passati?
Il lambic ha sicuramente una lunga storia ma non è certo antica come si crede e il prodotto è cambiato molto negli anni. Le geuze così come le beviamo attualmente credo non abbia più di 100 anni o forse qualche decennio in più. Addirittura l’arte di blendare le geuze è diventata popolare solo dopo la prima guerra mondiale. La creazione del lambic non risale al Medioevo. È relativamente uno stile moderno, non è neanche uno dei più vecchi del Belgio. Lo stile più vecchio prodotto in belgio sono le witbier, che risalgono al Medioevo. “Bere lambic significa bere una birra fatta nei tempi antichi”, non è un’affermazione vera. Le birre venivano bevute fresche, non venivano fatte maturare. Per quanto la tradizione del lambic risulti più giovane di quello che molti pensino, rimane comunque una birra unica, che non ha eguali nel mondo. In effetti il lambic che si beve oggigiorno non credo sia particolarmente diverso da quello di 200 anni anni fa, il che lo rende un prodotto comunque davvero speciale. Ci sono piccole differenze nella produzione ma credo che i birrifici siano stati bravi a mantenere il prodotto relativamente immutato.