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Ma la birra è veramente uccisa dall’accisa?

tasseIeri 10 ottobre 2013 è entrato in vigore il decreto legge 104. Solo un mese fa, il 9 settembre, aveva stabilito che per recuperare parte delle risorse (448 milioni) a copertura del decreto scuola si doveva procedere con un aumento progressivo dell’accisa per birra e superalcolici. In poco tempo, giustamente, associazioni e operatori del settore, birrifici piccoli e grandi, hanno alzato un coro di protesta potenziato dal tam tam degli appassionati su blog e social. Ma vediamo di capire meglio cosa è successo concretamente, perché nonostante il fiume di parole spese c’è ancora poca chiarezza.

L’accisa è un prelievo fiscale indiretto che colpisce una determinata categoria di beni, tra cui la birra e i superalcolici  (non il vino). Dal gennaio 2006 questa odiata tassa era ferma al 2,35. In data 10 ottobre 2013 l’aliquota è passata a 2,66 euro, poi, salvo correzioni durante l’iter parlamentare (si vedano le dichiarazioni del Presidente alla commissione cultura Galan), toccherà quota 2,7 euro il 1 gennaio del 2014 e quindi si assesterà a quota 2,99 dal 1 gennaio 2015. Il legislatore da sempre l’ha collegata nel calcolo al Grado Plato (misura del tasso degli zuccheri nel mosto) di una birra. Sappiamo che a pieno regime aumenterà del 33%. Ma precisamente di quanti euro stiamo parlando? Abbiamo preso la calcolatrice per capirci di più. Seguiteci che stranamente la questione matematica non è complessa, i problemi semmai sorgono dopo…

logo-salva-la-tua-birraLa formula per calcolare l’accisa su un litro di birra è: Grado Plato * accisa/100. Ad esempio da ieri, a seguito dell’aumento, per una birra da 75cl di 14 Grado Plato (in media troviamo birre tra gli 11 e i 16 GP), l’accisa sarà uguale a 0.2793 euro, invece che 0.24675. Precisamente l’accisa su una bottiglia da 75cl con 14 GP aumenta di 0.03255 euro. Messa così sembra una cifra che non giustifica il fragore costellato da petizioni varie (Assobirra e UnionBirrai). In realtà la protesta ha senso per varie ragioni.

Il piccolo numero così calcolato va moltiplicato per gli ettolitri prodotti dal birrificio. Unionbirrai ha dimostrato che l’aumento dell’accisa, una volta giunto a massimo regime, costerà ad un birrificio artigianale 4-5000 euro all’anno, ipotizzando una produzione di 500hl annui (una grandezza media). Non pochi. Probabilmente, microbirrifici più strutturati potranno comprimere in parte i loro risicati utili piuttosto che rivedere i listini, ma nella maggior parte dei casi è prevedile qualche ritocchino. Il bello è che a quei centesimi di aumento a bottiglia c’è da aggiungere l’va (siamo al 22%) oltre ad un effetto moltiplicazione che cresce all’aumentare del numero di mani in cui passa la bottiglia prima di arrivare al consumatore. Esempio classico: la bottiglia artigianale esce dal birrificio, viene acquistata dal distributore che la rivende al beershop o ad un ristorante. Se nessuno durante la filiera assorbe l’aumento ma lo rigira al prossimo lo ritroveremo in etichetta, se va bene, gonfiato di almeno 4/5 volte. Sarà interessante capire chi si accollerà il costo anche perché in tempi di crisi ritoccare al rialzo il prezzo finale della bottiglia, già alto, significa ridurre i consumi. In birreria, dove gli arrotondamenti non possono essere fatti al centesimo, difficilmente vedremo aumentare il prezzo al bicchiere e quindi proprio il publican potrebbe rimanere con il cerino in mano.

assobirra tasse

A rimetterci di più, perlomeno in termini assoluti, sarà l’industria, anche se, visto il calo dei consumi, cercherà di evitare ulteriori flessioni mantenendo invariati i prezzi di vendita e lasciando un’ulteriore fetta al fisco. Con una campagna molto comunicativa Assobirra ha fatto sapere che con gli ultimi aumenti previsti metà del bicchiere se lo berrà proprio lo Stato. Senza considerare che l’accisa è solo la punta di un iceberg e visto che i riflettori adesso sono puntati sull’aumento dell’aliquota è bene far luce anche sulle difficoltà quotidiane di chi decide di fare impresa nel settore birra. Ad esempio pochi sanno che un birrificio artigianale sostiene costi elevati correlati all’accisa come quelli imputabili alla sua gestione (in media un microbirrificio passa un’ora al giorno dietro alla comunicazione con le dogane!) senza considerare le altre tasse, la burocrazia, per una morsa legislativa e fiscale che sembra intenzionata a punire il grande e strangolare il piccolo.

2 Commenti

  1. Sarebbe interessante vedere quella foto della bottiglia con le percentuali di acciasa e iva aggiornata anche con le imposte che un birrificio artigianale (snc o srl che sia) deve sostenere…irap e questa la si paga…irpef che è vero che la paga il socio dopo la divisione degli utili ma a me socio interessa quanto mi metto in tasca al netto di tutto quello che devo pagare allo Stato…alla fine credo che qui in Italia o si frega o devi essere disposto ad investire con la speranza di un collo di bottiglia di guadagno (riprendendo la foto sopra) e un collo che anno dopo anno va sempre più ad accorciarsi….tra poco quello che rimane da dividere a fine anno (sempre parlando di un imprenditore onesto) sarà il tappo a corona appena sopra quel collo rosicchiato per i privilegi della casta. Viva l’Italia!

  2. in italia l impresa e’ una cosa da disperati che non parlano altre lingue o che sono costretti a stare sul territorio. Le nostre tasse sono palesemente mirate a dissuadere ogni investimento in qualsiasi settore. L intenzione di cinesizzare la nostra repubblica e’ evidente. Il tutto accompagnato dalla denatalita’ portera’ al fallimento della nostra sbagliata cultura antiimprenditoriale, fittizziamente filo-comunistasindacale ma fondamentalmente invidiosa di chi imprende. L’ invidia porta l elettore a votare chi punisce i cittadini che vogliono emergere impegnandosi e risciando il proprio . Lo scopo deve essere quello dell appiattimento verso il basso. Ed all estero ridono…