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Risotto di capesante, carciofi e polvere di olive

Il Risotto. Uno dei fiori all’occhiello della cucina italiana, un piatto unico, appagante e versatile, che se magistralmente realizzato regala grandi gioie. Fondamentale, per chi decide di cimentarsi nella preparazione, è il rispetto di alcuni punti cardine, quali che siano gli ingredienti che andranno poi a caratterizzare il piatto. Perché in un battito di ciglia il nostro amato risotto potrebbe rischiare di trasformarsi in una insulsa pappetta o diventare così colloso da restare attaccato alla forchetta. Ma non perdiamoci d’animo! Scegliete prima di tutto il tipo di riso adatto, di solito da prediligere sono le qualità Carnaroli, Vialone Nano o Arborio per il giusto rilascio di amido in cottura. Le fasi della preparazione base vedono protagonisti in primis la tostatura del riso in un tegame dalle pareti medio/alte con olio o burro ed un soffritto di cipolla tagliata finemente, quindi la cottura aggiungendo progressivamente del brodo caldo via via che questo viene assorbito dal riso ed infine la mantecatura, lontano dal fuoco, con aggiunta di burro e parmigiano grattugiato, mescolando dolcemente. La cremosità, tipica di questo piatto, dovrebbe in questo modo essere stata raggiunta. Se il risotto alla milanese, con il midollo e lo zafferano, la fa da padrone in termini di visibilità tanto da essere simbolo della cucina lombarda, ci sono tuttavia versioni altrettanto famose con i funghi, la zucca, il radicchio che si annoverano tra i grandi classici. Ma la fantasia con il risotto non conosce confini e volendo svincolarsi e reinterpretare la tradizione, siamo andati a Bergamo, dove lo chef Luca Carrara di DeGusto Birra & Cucina, locale attento a ricercare il giusto connubio tra buona cucina e birra di qualità, propone nel suo menù il “risotto di capesante, carciofi e polvere di olive Riviera”.

Ed ecco la ricetta, adattata per poterla riprodurre a casa senza l’utilizzo di cotture sottovuoto o con particolare attrezzature, come invece avviene al ristorante. Si inizia preparando la polvere di olive la sera prima: risciacquatele, fatele essiccare in forno per una notte a 90°C, lasciate raffreddare e frullate. Si passa poi ai carciofi, da cui si ricaverà un brodo, una purea e il decoro finale per l’impiattamento. Iniziate con il brodo, mettendo i petali esterni dei carciofi in una pentola con acqua fredda fino a coprirli, portate ad ebollizione, spegnete il fuoco e filtrate. Passate quindi alla preparazione dei carciofi brasati da cui ricaverete anche una purea da aggiungere alla cottura del risotto. Preparate una brunoise di sedano, carote e cipolla, aggiungete timo e aglio. Rosolate 3/4 minuti a fuoco vivo i carciofi in un tegame a fondo piatto appoggiandoli dalla parte della testa, unite le verdure, sale e pepe, coprite con un coperchio, abbassate la fiamma al minimo e cuocete per circa 10 minuti. Frullate quindi parte dei carciofi brasati, aggiustando se necessario un po’ di brodo di carciofi, per ottenere la purea. Mettete tutto da parte e passiamo al risotto. Tostate del riso Carnaroli, sfumate con un goccio di vino bianco, portate a cottura bagnando eventualmente con brodo di carciofi. Dopo circa 12 minuti aggiustate di sale ed aggiungete qualche cucchiaio di purea di carciofi. Mantecate fuori fuoco con burro e pochissimo Parmigiano. Nel frattempo dividete a metà i carciofi brasati, puliteli dalla barba, scottateli dalla parte piatta sulla piastra. Prendete le capesante, fatele rosolare in padella in olio e burro, dividete in quattro pezzi. Mettete il risotto nel piatto, appoggiate i quattro pezzi di capasanta, le due metà del carciofo ed una spolverata di polvere di olive.


Nel bicchiere
Il carciofo all’ennesima potenza, accolto dalla morbidezza del riso ed esaltato dalla dolcezza-sapida della capasanta e dal guizzo aromatico dell’oliva. Un piatto dove l’imperativo, in ottica abbinamento, è quello di sorvegliare l’amaro e soprattutto l’astringenza, che deve risultare nulla, pena la sua ulteriore enfatizzazione. Un match vincente vede le Saison protagoniste, meglio le versioni con aromaticità speziate ed erbacee con esteri ai minimi, o Golden Ale timidamente moderne con note citriche garbate a rinfrescare. Se si vuole stupire: provate con una stout abbastanza morbida, tipa una oatmeal o una milk, per ricredervi sul connubio con le torrefazioni, o ancora con una birra leggermente brettata, sempre con amaro e acidità contenuti.